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Eccoci giunti al secondo atto di questo nostro ciclo dedicato a Nino Rota, quest’oggi rivolto alla sua musica per il cinema di uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi: Federico Fellini.
A suggerirci come l’incontro tra il compositore milanese e il regista romagnolo sia pervaso da un fascino misterioso e magico allo stesso tempo, è un episodio che ormai fa parte della leggenda. Così, più o meno, si dice siano andate le cose.
Una sera, fuori dagli uffici della casa di produzione Lux, Rota si trovava alla fermata dei mezzi pubblici ad aspettare l’autubus che lo avrebbe riportato a casa. A un tratto si avvicina a lui Fellini e gli chiede quale numero stesse aspettando.
Quando Rota gli risponde, Fellini gli fa notare che quel numero, in quella fermata, non ci sarebbe passato. Eppure pochi secondi dopo ecco apparire il mezzo. Le porte si aprono, i due salgono a bordo e partono insieme per un viaggio senza ritorno.
Nessuno sa quanta verità ci sia in questa storia, ma, a pensarci bene, qualsiasi altra modalità d’incontro non avrebbe lo stesso potere evocativo per riassumere una delle relazioni più simbiotiche del nostro cinema.
Chi conosce la poetica felliniana, così visionaria, onirica, clownesca, comprende bene come un episodio surreale e mistico come questo esprima alla perfezione il grado d’intesa che stabilirono i due artisti nel corso della loro carriera.
La collaborazione fra i due diverrà un sodalizio permanente, che ha inizio nel 1952 con Lo sceicco bianco e termina nel 1979 con Prova d’orchestra, purtroppo a causa della prematura scomparsa del musicista.
La cosa più sensazionale di questa intensa relazione professionale è senz’altro l’abilità con cui Rota sia riuscito a risolvere il tormentato rapporto tra Fellini e la musica. «La musica è pericolosa» ripeteva Federico, da sempre turbato dal “risucchiante” universo delle sette note.
«La musica – sempre secondo il regista – esprime qualcosa di irraggiungibile, di non abitabile, di celestiale, di ammonitore, di moralistico». E in questa dimensione aurea e senza difetti, Fellini preferisce non stare, invidiando l’amico Nino, che invece ne sembra totalmente padrone.
Dice Fellini di Rota: La mia predilezione per Rota […] dipende dal fatto che sembra avere molta considerazione per i miei temi e per le mie storie […]. Di tutti i compositori per film è a mio parere, il più modesto, perché la sua musica è essenzialmente funzionale. Non ha l’arroganza di quei compositori che vogliono per forza imporre la loro musica. Lui sa che in un film la musica è solo un’apparizione marginale, qualche cosa di secondario, che solo in alcuni particolari momenti diventerà di primo piano, ma per il resto del tempo farà da sottofondo.
Dice Rota di Fellini: L’incontro con Federico è stato veramente un incontro felice: posso dire che in quasi tutti i film di Federico non ho mai capito cosa succedeva se non dopo che avevo fatto la musica, veramente, completamente. Eppure senza capire materialmente cosa succedeva, sentivo affiorare delle idee che mi pareva fossero proprio congeniali allo spirito del film. […] E forse, in questo modo quasi rabdomantico per Federico di trovare le cose, le idee, sta il maggior piacere per me e anche un senso di sicurezza.
La mente di Rota ha partorito temi iconici, divenuti immortali e che contengono il segreto di quella irripetibile collaborazione, fondata su un rapporto di sincera amicizia e reciproca stima. Riportarvi interamente e didascalicamente la filmografia che così indissolubilmente li lega è un’operazione inutile e che svilisce il senso autentico, poetico, sublime della loro relazione.
Noi ci limitiamo a proporvi solamente tre colonne sonore che, forse inconsapevolmente, sono state in grado di scavare nel profondo la personalità di Fellini, restituendo un ritratto musicale straordinariamente potente dal quale emerge una descrizione umana assolutamente fedele alla realtà.
La strada, 8½ e Amarcord. Tre film, tre brani, per nessun nostro commento. Lasciando spazio alla musica e contravvenendo un po’ i moniti felliniani. Perché l’opera di Nino Rota per il cinema del grande Federico, a nostro giudizio, è tutt’altro che marginale. Buon ascolto!